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Il gruppo operaio socialdemocratico alla Duma e la guerra
Il governo russo non è rimasto indietro ai suoi confratelli europei, da questo punto di vista: al pari di essi, ha saputo realizzare l'inganno del "proprio" popolo su larga scala. Un immenso, mostruoso apparato di menzogne e di astuzie è stato messo in moto anche in Russia per avvelenare le masse con lo sciovinismo e per creare l'impressione che il governo zarista conduca una guerra "giusta" difendendo disinteressatamente i "fratelli slavi", ecc.
La classe dei proprietari di terre e le alte sfere della borghesia commerciale-industriale hanno ardentemente sostenuto la politica di guerra del governo zarista. Esse si aspettano, ed a ragione, immensi vantaggi materiali e privilegi dalla divisione dell'eredità turca ed austriaca. In molti loro congressi già pregustano i profitti che andrebbero a finire nelle loro tasche in caso di vittoria dell'esercito zarista. Inoltre, i reazionari comprendono benissimo che se qualche cosa può ancora ritardare la caduta della monarchia dei Romanov e frenare la nuova rivoluzione in Russia, questo è soltanto una guerra contro un nemico esterno, vittoriosa per lo zar.
Vasti strati della "media" borghesia urbana, di intellettuali borghesi, di liberi professionisti, ecc., almeno all'inizio della guerra, avevano subìto anch'essi il contagio dello sciovinismo. Il partito della borghesia liberale russa, il partito dei cadetti, ha sostenuto completamente e senza riserve il governo zarista. Nel campo della politica estera, i cadetti sono già da lungo tempo un partito governativo.
Il panslavismo per mezzo del quale la diplomazia zarista ha attuato più d'una volta le sue grandi truffe politiche, è divenuto l'ideologia ufficiale dei cadetti [1]. Il liberalismo russo è degenerato in nazional-liberalismo. Esso gareggia in "patriottismo" con i "centoneri" [2], vota sempre volentieri per il militarismo, per la marina, ecc. Nel campo del liberalismo russo, si osserva presso a poco lo stesso fenomeno che si poté notare in Germania tra il 1870 e il 1880, quando il liberalismo "libero pensatore" si disgregò ed espresse dal suo seno il partito nazional-liberale. La borghesia liberale russa si è messa definitivamente sulla via della controrivoluzione. Il punto di vista del POSDR, a questo proposito, è pienamente confermato. La vita ha sconfitto l'opinione dei nostri opportunisti, secondo cui il liberalismo sarebbe ancora una forza motrice della rivoluzione in Russia.
La cricca dirigente, con l'aiuto della stampa borghese, del clero, ecc., è riuscita a far sorgere uno stato d'animo sciovinista anche fra i contadini. Ma, a misura che i soldati ritorneranno dai campi della strage, lo stato d'animo nella campagna indubbiamente cambierà, e non a vantaggio della monarchia zarista. I partiti borghesi democratici, che sono a contatto con la massa rurale, non hanno resistito all'ondata sciovinista. Il partito dei trudovikí [3] ha rifiutato, alla Duma, di votare i crediti di guerra. Ma, per bocca del suo capo Kerenski, ha fatto una dichiarazione "patriottica", straordinariamente vantaggiosa per la monarchia. Tutta la stampa legale dei "populisti" si è accodata ai liberali. Persino l'ala sinistra della democrazia borghese, il cosiddetto partito dei socialisti-rivoluzionari, affiliato all'Ufficio socialista internazionale, ha seguìto la stessa corrente. Il rappresentante di questo partito nell'Ufficio socialista internazionale, Rubanovic, agisce apertamente come un socialsciovinista. La metà dei delegati di questo partito alla conferenza dei socialisti dell'"Intesa", a Londra, ha votato per la risoluzione sciovinista (l'altra metà si è astenuta). Nella stampa illegale dei socialisti-rivoluzionari (il giornale Novosti [4] ed altri) predominano gli sciovinisti. I rivoluzionari provenienti dall'"ambiente borghese", cioè i rivoluzionari borghesi, non legati alla classe operaia, hanno subìto un crollo dei più violenti in questa guerra. Il triste destino di Kropotkin, di Burtsev, di Rubanovic è straordinariamente significativo.
L'unica classe in Russia alla quale non si sia riusciti ad inoculare i germi dello sciovinismo è il proletariato. Gli eccessi isolati, all'inizio della guerra, devono attribuirsi esclusivamente agli strati operai più arretrati. La partecipazione degli operai alle infamie moscovite contro i tedeschi è stata molto esagerata. In complesso, la classe operaia russa si è mostrata immune dallo sciovinismo. Ciò si spiega con la situazione rivoluzionaria nel paese e con le condizioni generali di vita del proletariato russo.
Gli anni 1912-1914 hanno segnato l'inizio di un nuovo grande slancio rivoluzionario in Russia. Siamo stati nuovamente testimoni di un grande movimento di scioperi, quali il mondo non aveva ancora visto. Gli scioperi rivoluzionari di massa, nell'anno 1913, ebbero, secondo i calcoli più prudenti, un milione e mezzo di partecipanti; superarono i due milioni nel 1914, avvicinandosi al livello del 1905. Alla vigilia della guerra, a Pietroburgo, si era giunti fino alle prime lotte sulle barricate.
L'illegale Partito operaio socialdemocratico della Russia ha fatto il suo dovere di fronte all'Internazionale. La bandiera dell'internazionalismo non ha tremato nelle sue mani. Da lungo tempo il nostro partito era giunto alla rottura organizzativa con i gruppi e gli elementi opportunisti. La palla di piombo dell'opportunismo e del "legalismo ad ogni costo" non pesava ai piedi del nostro partito. E questa circostanza l'ha aiutato ad assolvere il suo compito rivoluzionario, così come la separazione dal partito opportunista di Bissolati ha aiutato i compagni italiani [5].
La situazione generale del nostro paese è sfavorevole al fiorire dell'opportunismo "socialista" fra le masse operaie. Abbiamo in Russia tutta una serie di sfumature dell'opportunismo e del riformismo fra gli intellettuali, fra la piccola borghesia, ecc. Ma l'opportunismo ha una minoranza. insignificante negli strati operai politicamente attivi. Lo strato degli operai e degli impiegati privilegiati è da noi molto debole. Il feticismo della legalità non ha potuto sorgere da noi. I liquidatori [6] (il partito degli opportunisti diretto da Axelrod, da Potresov, da Cerevanin, da Maslov e da altri) non hanno trovato fino alla guerra nessun serio appoggio nelle masse operaie. Tutti e sei i deputati operai eletti, alla IV Duma sono avversari del liquidatorismo. La tiratura e le sottoscrizioni per la stampa operaia legale a Pietrogrado e a Mosca hanno dimostrato, in modo inconfutabile, che i quattro quinti degli operai coscienti sono contrari all'opportunismo e al liquidatorismo.
All'inizio della guerra, il governo zarista ha arrestato ed esiliato migliaia e migliaia di operai avanzati, membri del nostro POSDR illegale. Questa circostanza, e la proclamazione dello stato d'assedio nel paese, la soppressione dei nostri giornali, ecc., hanno ostacolato il movimento. Ma, ciò nonostante, il lavoro illegale rivoluzionario del nostro partito procede ugualmente. A Pietrogrado, il comitato del nostro partito fa uscire un giornale illegale: il Proletarski Golos [7].
Gli articoli dell'organo centrale Sozial-Demokrat, che si pubblica all'estero, sono riprodotti a Pietrogrado e diffusi nella provincia. Si stampano volantini illegali che vengono distribuiti nelle caserme. Nei dintorni della città, in varie località isolate, si tengono riunioni illegali di operai. In questi ultimi tempi, a Pietrogrado, sono incominciati grandiosi scioperi di operai metallurgici. In rapporto a questi scioperi, il nostro Comitato di Pietrogrado ha diffuso alcuni manifestini fra gli operai.
Nel 1913 è avvenuta una scissione fra i deputati socialdemocratici alla Duma. Da una parte, sette partigiani dell'opportunismo, guidati da Ckheidze, che erano stati eletti in sette governatorati non proletari, dove gli operai erano, secondo i calcoli, 214.000. Dall'altra, sei deputati tutti della curia operaia, eletti nei centri più industrializzati della Russia, nei quali si contavano 1.008.000 operai.
La causa principale del dissenso consisteva in questo dilemma: tattica del marxismo rivoluzionario oppure tattica del riformismo opportunista. Il dissenso si esprimeva praticamente più che altro nel campo del lavoro extraparlamentare fra le masse. Questo lavoro doveva svolgersi illegalmente in Russia, se coloro che lo conducevano volevano rimanere su un terreno rivoluzionario. La frazione di Ckheidze era rimasta la più fedele alleata dei liquidatori, che avevano respinto il lavoro illegale, e li aveva difesi in tutte le discussioni con gli operai e in tutte le riunioni. Da ciò la scissione. Sei deputati formarono il gruppo operaio socialdemocratico. Un anno di lavoro dimostra irrefutabilmente che esso ha dalla sua parte la schiacciante maggioranza degli operai russi.
All'inizio della guerra, le divergenze hanno assunto una straordinaria evidenza. La frazione di Ckheidze si è limitata al lavoro parlamentare. Essa non ha votato i crediti di guerra, perché altrimenti avrebbe provocato contro di sé la tempesta dell'indignazione operaia (abbiamo visto che in Russia persino i piccolo-borghesi trudovikí non hanno votato i crediti di guerra), ma non ha protestato contro il socialsciovinismo.
Ma il gruppo operaio socialdemocratico, che esprimeva la linea politica del nostro partito, ha proceduto diversamente. Esso ha elevato la sua protesta contro la guerra fra le grandi masse della classe operaia, ha fatto propaganda contro l'imperialismo fra le grandi masse dei proletari russi.
Ed esso ha suscitato un'eco di viva simpatia fra gli operai. Questo ha spaventato il governo, inducendolo ad arrestare ed a condannare all'esilio a vita in Siberia i nostri compagni deputati, in aperta violazione delle proprie leggi. Nella prima comunicazione ufficiale sull'arresto dei nostri compagni, il governo zarista scriveva:
"Una posizione del tutto speciale in questo senso è stata assunta da alcuni membri delle associazioni socialdemocratiche, i quali hanno dato alla loro attività l'obiettivo di scuotere la forza militare della Russia per mezzo della agitazione contro la guerra, per mezzo di appelli clandestini e di propaganda orale".
Al noto invito di Vandervelde, di cessare "temporaneamente" la lotta contro lo zarismo (oggi, per dichiarazione del principe Kudascev, ambasciatore dello zar nel Belgio, sappiamo che Vandervelde ha elaborato questo appello non da solo ma in collaborazione con questo ambasciatore dello zar), soltanto il nostro partito, pel tramite del suo Comitato centrale, ha dato una risposta negativa. Il centro dirigente dei liquidatori sì è messo d'accordo con Vandervelde ed ha ufficialmente dichiarato alla stampa che "nella propria attività non agisce contro la guerra".
Il governo zarista ha anzitutto incolpato i nostri compagni deputati di aver fatto propaganda fra gli operai di questa risposta negativa a Vandervelde.
Il procuratore dello zar, signor Nenarokomov, al processo dei nostri compagni, ha citato come esempio i socialisti tedeschi e francesi: "I socialdemocratici tedeschi" egli ha detto "hanno votato i crediti di guerra e si sono dimostrati amici del governo. Così hanno agito i socialdemocratici tedeschi, ma non così hanno agito i tristi cavalieri della socialdemocrazia russa... I socialisti del Belgio e della Francia hanno unanimemente dimenticato le loro discordie con le altre classi, i loro dissensi di partito e, senza esitazione, si sono schierati sotto le bandiere della patria". Ma i membri del gruppo operaio socialdemocratico, sottomettendosi alle direttive del Comitato centrale del partito, non hanno agito così...
Il processo ha messo in luce il quadro imponente della vasta agitazione illegale contro la guerra, condotta dal nostro partito fra le masse del proletariato. Il tribunale zarista, s'intende, era ben lungi dall'essere riuscito a "scoprire" tutta l'attività dei nostri compagni in questo campo. Ma anche ciò che è stato scoperto ha dimostrato quanto si è fatto nel breve spazio di qualche mese.
Al processo sono stati resi pubblici gli appelli illegali dei nostri gruppi e comitati contro la guerra e per una tattica internazionale. Gli operai coscienti di tutta la Russia erano in collegamento con i membri del gruppo operaio socialdemocratico che, nei limiti delle sue forze, cercava di aiutarli a giudicare la guerra da un punto di vista marxista.
Il compagno Muranov, deputato degli operai della provincia di Kharkov, ha detto al processo:
"Sapendo che il popolo mi ha inviato alla Duma non soltanto per occuparvi un seggio, sono andato sul posto per conoscere lo stato d'animo della classe operaia". Egli ha ammesso al processo di aver assunto le funzioni di agitatore illegale del nostro partito, di aver organizzato negli Urali un comitato operaio nello stabilimento di Verkhnieiset ed in altre località. Il processo ha dimostrato che i membri del gruppo operaio socialdemocratico alla Duma, dopo l'inizio della guerra, hanno percorso, a scopo di propaganda, quasi tutta la Russia; che Muranov, Petrovski, Badaiev ed altri hanno organizzato numerose riunioni di operai, nelle quali si sono votate risoluzioni contro la guerra, ecc. Il governo zarista ha minacciato agli imputati la pena di morte. A questo proposito, non tutti in quel processo si sono comportati coraggiosamente come il compagno Muranov. Qualcuno si è sforzato di rendere difficile ai procuratori dello zar la propria condanna. Di ciò si valgono ora, in modo indegno, i socialsciovinisti russi per confondere la sostanza del problema: quale parlamentarismo occorre alla classe operaia?
Da Südekum a Heine, da Sembat a Vaillant, da Bissolati a Mussolini, da Ckheidze a Plekhanov, tutti ammettono il parlamentarismo. Il parlamentarismo è ammesso dai nostri compagni del gruppo operaio socialdemocratico, dai compagni bulgari, italiani, che hanno rotto con gli sciovinisti. Ma c'è parlamentarismo e parlamentarismo. Gli uni si servono dell'arena parlamentare per rendersi grati ai propri governi oppure, nel migliore dei casi, per lavarsene le mani, come la frazione di Ckheidze. Altri si servono del parlamentarismo per rimanere rivoluzionari fino alla fine per adempiere il loro dovere di socialisti ed internazionalisti anche nelle circostanze più difficili. L'attività parlamentare degli uni li conduce al seggio ministeriale, quella degli altri li conduce in prigione, in esilio, ai lavori forzati. Gli uni servono la borghesia, gli altri il proletariato. Gli uni sono socialimperialisti. Gli altri marxisti rivoluzionari.
1. Cadetti: "partito democratico costituzionale", principale partito borghese in Russia attorno al quale si raccoglieva la borghesia liberale monarchica e che si costituì nell'ottobre del 1905. Autodefinendosi partito della "libertà del popolo", i cadetti cercavano di attrarre dalla loro parte le masse contadine.
2. Centoneri: bande armate al servizio dello zarismo, create durante la rivoluzione del 1905 dalla polizia e da organizzazioni monarchiche (Unione del popolo russo, Unione dell'arcangelo San Michele). Il termine equivaleva a "ultrareazionari".
3. Trudovikí o "gruppo del lavoro": raggruppamento di tendenza democratica borghese, costituito nell'aprile 1906 dai deputati contadini della I Duma.
4. Novosti (Notizie), quotidiano del partito socialista rivoluzionario, si Pubblicò a Parigi dall'agosto del 1914 al maggio del 1915.
5. Nel 1912 il congresso del Partito socialista italiano a Reggio Emilia espulse Bissolati ed altri socialisti che avevano approvato la guerra per la conquista della Libia.
6. Liquidatori: corrente menscevica di estrema destra sorta dopo la sconfitta della rivoluzione del 1905-1907. I liquidatori, avendo perduto ogni fiducia nella possibilità di una nuova ripresa della rivoluzione, miravano a liquidare il partito illegale rivoluzionario del proletariato.
7. Proletarski Golos (La voce proletaria): giornale illegale, organo del comitato di Pietrogrado del POSDR; ne uscirono 4 numeri, dal febbraio 1915 al dicembre 1916.
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Ultima modifica 13.09.2000
La borghesia e la guerra
La classe operaia e la guerra
Il gruppo operaio socialdemocratico alla Duma e la guerra
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