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Tesi sullo sviluppo imperialistico, durata della fase controrivoluzionaria e sviluppo del partito di classe (Tesi del '57)

Arrigo Cervetto (1957)


Pubblicato per la prima volta in "Bollettino interno della Sinistra Comunista", novembre 1957;
Trascritto per internet: Dario Romeo, aprile 2001

L'analisi di tutto il periodo di politica internazionale che attraversiamo e l'analisi più dettagliata degli avvenimenti che si sono succeduti sulla scena mondiale in questo ultimo anno confermano i caratteri classici dell'imperialismo descritti nella teoria leninista. Non solo la teoria leninista ha ricevuto una convalida storica, ma proprio i suoi lati più peculiari ci aiutano oggi nell'esame della situazione mondiale.

Ci riferiamo in particolare al fattore "mercato economico mondiale" posto da Lenin al centro delle leggi che determinano lo sviluppo imperialistico del capitalismo. Quindi l'imperialismo non va visto soltanto attraverso i suoi aspetti politici-militari alcuni dei quali, anzi, in via di trasformazione (vedi il colonialismo) ma soprattutto va considerato come fenomeno economico.

L'imperialismo è essenzialmente conquista o ripartizione del mercato e conseguente lotta con mezzi pacifici-diplomatici o coercitivi-militari: conquista e ripartizione che avviene tramite la supremazia negli scambi commerciali e l'esportazione dei capitali da parte dei paesi più industrializzati.

Solo tenendo presente questo aspetto della teoria marxista e leninista evitiamo di considerare imperialismo soltanto quello che si manifesta nelle vecchie forme colonialiste e siamo invece in grado di individuarlo in tutte quelle forme economiche dalle quali, sostanzialmente, è costituito.

In altre parole, si tratta di ristabilire la definizione di "imperialismo" risalendo alle fonti stesse della teoria marxista ed alle leggi obiettive che questa ha scoperto nel processo di produzione capitalistico.

Nel quadro di questa fedele definizione dell'imperialismo si colloca il doppio problema dello sviluppo capitalistico e delle sue contraddizioni e crisi; problema fondamentale per la strategia del partito rivoluzionario poiché da esso dipende il corso generale ed i tempi particolari della sua azione politica.

Primo compito di una seria analisi politica della minoranza rivoluzionaria diventa, quindi, l'analisi dello sviluppo imperialistico; analisi che va centrata soprattutto nella valutazione del mercato mondiale. Da tale analisi escono tracciate le linee della strategia, cioè le linee dell'azione a lungo e vasto raggio.

Preliminare è, tuttavia, la verifica dei caratteri classici del capitalismo nella fase imperialista.

1) Lo sviluppo tecnologico delle nuove forme di produzione nel capitalismo occidentale (automazione, energia atomica, ecc.) e particolarmente negli Stati Uniti non ha modificato od alterato i classici rapporti di produzione capitalistici.

Il fenomeno di sviluppo tecnologico riguarda esclusivamente le forme del processo produttivo indirettamente riguarda non un mutamento ma un rafforzamento delle forze produttive tendenti alla socializzazione dei mezzi di produzione. L'accentramento e la concentrazione del capitalismo monopolistico e di Stato - processo che determina ed accompagna lo sviluppo tecnologico - pone le condizioni per la liquidazione delle forme arretrate della piccola proprietà e della piccola produzione, per la estensione della proletarizzazione, per la socializzazione dei mezzi di produzione concentrati nelle grosse organizzazioni capitalistiche e nello Stato.

I paesi in cui questo processo è molto avanzato sono maturi per una economia socialista. La mancata trasformazione rivoluzionaria degli attuali rapporti di produzione dipende principalmente dalle possibilità di espansione imperialistica che offre un mercato mondiale sottosviluppato.

Sono percio da rigettare tutte quelle tesi revisionistiche che più o meno velatamente - sulla scia di tutta la pubblicistica "neocapitalistica", "capitalistico-popolare" eccetera - tendono a presentare la fase attuale del capitalismo in termini che non sono quelli scientificamente enunciati dal marxismo.

2) Lo sviluppo di determinate forme giuridiche che costituiscono la sovrastruttura sociale, quali il diritto di proprietà dei mezzi di produzione, non ha modificato od alterato i classici rapporti di produzione capitalistici.

Nell'attuale fase - e particolarmente in determinati paesi - si sta sviluppando la tendenza al "capitalismo di Stato", tendenza già prevista da Engels nell' "Anti-Dühring" e studiata da Lenin ne "L'imperialismo" e in altre opere, e che consiste nella concentrazione delle leve direttiva dell'apparato economico nelle istituzioni statali. Tale sviluppo economico che lascia inalterati i rapporti di produzione (capitale e salario, circolazione mercantile sulla base della legge del valore, ecc.) è accompagnato dal passaggio giuridico dalla proprietà privata alla proprietà statale. Economicamente non si ha alcun mutamento dei caratteri fondamentali del capitalismo, tanto che il "capitalismo di Stato" non rappresenta alcuna "novità" qualitativa nei confronti del capitalismo classico. Socialmente non si ha alcuna modifica essenziale nella società divisa in due classi antagonistiche, le quali conservano le loro fondamentali posizioni nel processo produttivo.

Lo sviluppo economico del "capitalismo di Stato" - diffusosi in generale nel mondo e parzialmente in tutti i paesi progrediti industrialmente - ha avuto una particolare ampiezza nell'Unione Sovietica, in seguito alla straordinaria formazione di fattori favorevoli e di necessità storiche. Le imprescindibili esigenze economiche che si presentarono alla Russia, dopo che la grandiosa Rivoluzione d'Ottobre tento di aprire l'era della rivoluzione socialista internazionale senza riuscirvi e senza avere le basi materiali d'avvio all'economia socialista, necessitarono lo sviluppo del capitalismo di Stato.

Fuori da ogni giudizio moralistico, i caratteri dello sviluppo economico sovietico confermano la teoria marxista sullo sviluppo capitalistico. Sono, percio, da scartare i giudizi che, attingendo a teorie staliniane o trotskiste, definiscono la società sovietica "socialista" o società fondamentalmente socialista.

Pensiamo di poter tracciare così, a grandi linee, la situazione del mercato mondiale.

a) Esistenza di paesi a livello economico avanzato, a livello intermedio e a livello arretrato. Il criterio di valutazione di tale livello è dato dall'espansione del sistema di produzione capitalistico all'interno di ogni paese. Il grado di tale livello si misura, percio, nella produzione totale nazionale, nella produzione industriale, nel reddito nazionale e nel reddito pro capite.

b) Esistenza, quindi, di tre grossi settori quantitativi nell'economia mondiale. In queste condizioni una differenziazione qualitativa si pone solo nel senso della maturità capitalistica e della arretratezza precapitalistica o feudale di ogni singolo paese. È, da escludere assolutamente una valutazione in senso socialista delle attuali strutture economiche, dato che, secondo la concezione marxista, per socialismo si intende qualitativamente nuovi rapporti di produzione. Nei tre settori suddetti, nessuno escluso, i problemi economici sono ancora di aumento quantitativo della produzione e non possono essere ancora di mutamento qualitativo in senso socialista.

In tutti i tre settori, nessuno escluso, lo sviluppo quantitativo della produzione concorre a creare le basi materiali del socialismo con l'aumento di forze produttive che entreranno irrimediabilmente in contrasto con i rapporti capitalistici di produzione solo quando il loro confronto sarà generalizzato su scala internazionale.

c) Esistenza di un settore costituito da paesi industrialmente avanzati, dove il contrasto è storicamente posto. Questo contrasto trova, pero, ancora una soluzione nel mercato mondiale composto dal settore intermedio e dal settore arretrato. L'esportazione di tale contrasto è la dinamica del capitalismo divenuto imperialista.

Per i paesi avanzati il problema della sopravvivenza economica di tipo capitalistico risiede ormai nella espansione del mercato esterno.

La produzione per la sola area nazionale provocherebbe inevitabilmente la crisi e quest'ultima viene rimandata ed arginata dalla produzione destinata alle aree depresse o semi depresse.

La teoria marxista della crisi trova una più valida conferma nella pratica. Dove più attenta dovrebbe essere, invece, la elaborazione del marxismo rivoluzionario è sulla teoria e sui problemi dello sviluppo capitalistico. Come chiaramente è dimostrato dalla storia degli ultimi decenni lo sviluppo del capitalismo, oltre che da fattori tecnologici interni, è determinato dal mercato mondiale. Finché in questo mercato sussisterà una vastissima zona, che comprende i due terzi della popolazione mondiale, in condizioni di arretratezza precapitalistica, la produzione dei paesi avanzati ivi troverà uno sbocco ed una soluzione alle proprie contraddizioni.

Tutta la lotta politica-ideologica-militare svolta dalle grandi potenze nel passato e nel presente, in definitiva, è una lotta per la conquista e la ripartizione del gigantesco mercato economico mondiale.

d) Esistenza di un vastissimo settore ad economia arretrata che condiziona non solo l'ineguale sviluppo del capitalismo ma, nello stesso tempo, condiziona pure l'ineguale sviluppo delle basi materiali del socialismo. Data l'interdipendenza su scala internazionale dei fattori economici non vi puo essere una soluzione nazionale per l'avvento dell'economia socialista, come non vi puo essere una soluzione nazionale per lo sviluppo o la crisi del capitalismo.

Il problema dello sviluppo capitalistico, della crisi e della rivoluzione socialista è divenuto effettivamente un problema internazionale e solo in questa sede puo trovare una soluzione storica.

Dato l'attuale livello del mercato mondiale, per cui vastissime zone sono ancora nella prima fase di costruzione del capitalismo, non si pone ancora concretamente il problema rivoluzionario dell'avvento dell'economia socialista su scala internazionale. Questo problema si pone particolarmente in singoli paesi ma, data la possibilità concreta per il capitalismo di trovare una vastissima area economica in cui esportare la propria produzione, i propri capitali, la propria crisi, non puo essere affrontato positivamente se non in singoli episodi destinati ad esaurirsi in breve tempo. Cio non vuol dire che le contraddizioni imperialistiche non possano provocare crisi parziali e rivoluzioni proletarie isolate. Anzi, il futuro corso dell'imperialismo sarà costellato di simili episodi che rimarranno, pero, singoli episodi ben presto ricomposti nella rete mondiale degli interessi imperialístici. In questo corso si potranno verificare, come fu nel 1956 per l'Ungheria, gloriose e generose sollevazioni proletarie che, data la situazione internazionale controrivoluzionaría in cui verrebbero a porsi, avranno l'immenso valore di " Comuni " rivoluzionarie, luminose e sfortunate tappe della rivoluzione socialista internazionale, ma non saranno ancora il vittorioso traguardo di questa.

e) Inesistenza, percio, delle condizioni generali della rivoluzione socialista. Affinché tali condizioni si presentino concretamente occorre che il settore ad economia arretrata superi tutto il primo stadio dell'industrializzazione. Solo allora e, in ordine di tempo, nel corso di un ciclo economico, il problema della rivoluzione socialista si presenterà con una tale carica di contrasti di classe da poter essere affrontato politicamente ed economicamente nel quadro della tattica internazionale. Praticamente il problema della rivoluzione socialista su scala internazionale si presenterà all'ordine del giorno solo quando lo sviluppo economico delle zone arretrate sarà giunto al punto da raggiungere una certa autosufficienza e da non poter più assorbire l'importazione di merci e di capitali provenienti dalle potenze imperialistiche.

Senza una comprensione esatta della situazione del mercato mondiale e delle sue prospettive di sviluppo non si riescono a cogliere le caratteristiche dell'attuale periodo controrivoluzionario e ad impostare la linea ed il ruolo della minoranza rivoluzionaria.

f) Duplice aspetto del movimento coloniale espresso dai paesi appartenenti al settore arretrato. Tutta una serie di questi paesi esprime attualmente un forte movimento di indipendenza politica, movimento destinato a generalizzarsi, a rinvigorirsi, ad accentuarsi. Inevitabilmente tutti i paesi ieri ed oggi ancora in condizione coloniale e semi coloniale acquisteranno, nel corso di lotte più o meno cruente, la loro indipendenza politica. Questo importante fatto, se indebolisce certe sovrastrutture politiche dell'imperialismo non ne indebolisce, pero, la dinamica economica. L'indipendenza politica dei paesi coloniali e semi coloniali non rappresenta in alcun modo indipendenza economica, anzi più l'indipendenza politica si attua, più crescono le esigenze di carattere economico e più cresce, di conseguenza, la dipendenza economica da quei paesi che, per la loro capacità produttiva, soli sono in grado di intervenire con aiuti, prestiti, esportazione di capitali, scambi commerciali nel promuovere lo sviluppo industriale ed agricolo delle zone arretrate. Senza tale intervento da parte dei paesi imperialisti non vi è possibilità, per il paese arretrato, di progresso economico. L'esempio della Cina e dell'India puo bastare ad indicare la validità di questa affermazione.

Si puo dire, anzi, che entrando in una nuova fase economica e rompendo la vecchia stasi di immobilismo coloniale i paesi del settore arretrato allargano la capacità del mercato mondiale ed offrono all'imperialismo la possibilità di espansione economica.

Indirettamente, il risveglio dei paesi arretrati da un lato mina le posizioni politiche dell'imperialismo e ne provoca alcune delle più tipiche contraddizioni, mentre dall'altro ne favorisce economicamente la sopravvivenza. Un chiaro esempio ci è dato dal movimento d'indipendenza politica afro-asiatico che indebolendo le posizioni coloniali anglo-francesi ha permesso pero, nello stesso tempo, una vertiginosa espansione e penetrazione dei capitali americani e tedeschi. Alla luce di queste tendenze economiche di fondo vanno visti tutti gli avvenimenti che si susseguono, pur in una contorta cornice di iniziative diplomatiche e propagandistiche, nei continenti africano e asiatico e, in questo momento, particolarmente nel Medio Oriente.

g) Premesse indispensabili dello sviluppo imperialistico risiedono, percio, nella lotta di indipendenza dei paesi coloniali. Gli aspetti esteriori di questa lotta non possono essere considerati obiettivamente antimperialisti, ma vanno considerati, piuttosto, come manifestazioni di un forte contrasto interno delle correnti dell'imperialismo; contrasto in cui si affrontano una stratificazione "vecchia" ed un dinamismo "nuovo", con una netta prevalenza del secondo sulla prima e con contingenti compromessi di equilibrio.

In nessun modo, come vorrebbero invece le tesi di Kruscev, la lotta di indipendenza dei paesi arretrati puo essere considerata come una tappa di restrizione del mercato mondiale ai danni dell'imperialismo. Anzi, accade proprio l'opposto, dato che il mercato è destinato ad allargarsi sempre più mano a mano che le esigenze di sviluppo capitalistico si impongono all'interno di ogni paese arretrato. Il mercato si restringerà per l'imperialismo solo quando lo sviluppo di questi nuovi paesi avrà raggiunto un minimo di autosufficienza. In nessuno modo, inoltre, lo sviluppo economico di questi paesi puo avvenire in una forma che escluda il capitalismo e che possa essere definita "socialismo".

Questa tesi assurda è sostenuta da Kruscev e dalla classe dirigente sovietica e svela facilmente le recondite intenzioni. A somiglianza dello sviluppo economico sovietico, si vorrebbe definire quello storicamente necessario processo di evoluzione economica del capitalismo di Stato come "edificazione del socialismo".

Ancora una volta va affermato che, per la concezione marxista della società socialista, il socialismo è il massimo prodotto del livello delle forze produttive raggiunto nell'economia capitalista, prodotto che la rivoluzione socialista libera dai legami costituiti dai vecchi rapporti di produzione, ma che non puo assolutamente edificare. Se il livello delle forze produttive non è ancora giunto a produrre economicamente il socialismo, necessariamente il processo di edificazione di tale livello non puo essere compiuto che dal capitalismo, privato o statale che sia.

L'azione politica della Sinistra Comunista deriva direttamente dall'analisi, dalla valutazione, dalle prospettive della situazione internazionale. Non esistono particolarità nazionali che giustifichino una autonomia italiana nei problemi della strategia e della tattica rivoluzionaria. Le particolarità nazionali riguardano solo il processo di formazione del nostro movimento sia per il passato che per il futuro.

È quindi nel quadro di una valutazione d'ordine internazionale che la Sinistra Comunista deve delineare una propria azione politica.

Nella fissazione di questa linea si presentano due serie di problemi, una di carattere generale, l'altra di carattere particolare. La soluzione di questi problemi non puo avvenire singolarmente poiché, data la loro natura, essi possono essere impostati e risolti solo nel complesso in cui sono tenacemente inseriti.

La prima serie di problemi riguarda l'analisi della situazione italiana e dell'egemonia capitalistica, l'analisi del cosiddetto "neocapitalismo" e del "capitalismo di Stato", il corso della lotta di classe in Italia, la natura ed i caratteri della democrazia parlamentare borghese, la natura, il ruolo, le funzioni dei partiti che hanno una base operaia come il PSI ed il PCI.

La seconda serie di problemi riguarda, invece, gli aspetti più contingenti della nostra tattica e cioè il programma di azione della Sinistra Comunista, la tattica verso il PCI e verso la sua Direzione, la tattica verso il PSI ed il giudizio sull'unificazione socialista, i rapporti con gli altri gruppi di vecchia e nuova opposizione, l'impostazione teorica e pratica della questione elettorale, l'azione all'interno dei sindacati e la piattaforma per una opposizione di classe.

E evidente che per una seria impostazione di tutti questi problemi tattici occorre una chiara definizione dei problemi generali di cui, in definitiva, non sono che emanazioni.

Nata dalla crisi del PCI e del movimento operaio italiano, la Sinistra Comunista non puo porsi al di sopra della crisi, non puo tendere alla ricostruzione del partito rivoluzionario, non puo costituire un elemento positivo scaturito dalla crisi che alla condizione di porsi come movimento teorico e come primo nucleo organizzato di un vasto e profondo esame teorico della esperienza e dei problemi che riguardano il movimento operaio internazionale.

Senza questo profondo ed appassionato lavoro teorico la Sinistra Comunista non potrà mai costituire la premessa del futuro partito di classe e rimarrà nel limbo dell'agitazione, del travaglio senza prospettive, dell'attività episodica travolta da fenomeni generali che, nel tempo, oltrepassano le cause contingenti per le quali la Sinistra Comunista è sorta.

In concreto: o la Sinistra Comunista si pone seriamente la prospettiva di costituire il nucleo avanzato del futuro partito rivoluzionario e, pur con limiti, lavora e si sente parte integrante di questo partito, oppure la sua presenza, la sua attività, i suoi sforzi non saranno che singoli ed effimeri episodi, sfruttati, col tempo, da quella tendenza alla socialdemocratizzazione delle masse in corso ad opera del capitalismo più avanzato tramite i suoi partiti socialisti.

E una scelta a cui non si sfugge: o si lavora per costruire il partito rivoluzionario o si lavora per Nenni senza saperlo. A questa scelta non si puo dare che una risposta inequivocabile. Bisogna porsi concretamente il problema della formazione del partito; bisogna porselo con il materiale che c'è, nelle condizioni che ci sono, nei limiti che purtroppo esistono. Porsi questo problema non significa costituire, con un atto puramente formale, il partito rivoluzionario ma significa porre al centro del nostro lavoro, subordinando ogni altro singolo problema ed ogni altra singola considerazione tattica, la prospettiva della formazione del partito. Significa dedicare tutte le energie a questa prospettiva.

Per fare cio occorre elaborare e discutere teoricamente e non aver paura della discussione per quanto possa apparire accesa, perché è solo attraverso la discussione, la ricerca e la definizione teorica che si forma, si seleziona, si collauda e si salda il Partito rivoluzionario. Il partito rivoluzionario, essendo un partito di quadri, non puo vivere senza un alto livello teorico: anzi per esso ogni problema di azione politica è un problema teorico e viceversa. Solo una dialettica interna ad alto livello teorico permette al partito rivoluzionario la elaborazione, la impostazione, la traduzione politica della sua base teorica.

Una concezione chiara di cio che deve essere nel futuro la Sinistra Comunista è la premessa necessaria per fissare cio che oggi deve fare la Sinistra Comunista in Italia. Semplicemente: non si puo sapere cio che si deve "fare" senza sapere cio che si "vuole".

Fissata questa premessa pensiamo che i problemi generali che attualmente si presentano possano essere così riassunti.

a) La situazione italiana è una situazione tipicamente controrivoluzionaria, contrassegnata dall'esercizio di una vasta e capillare egemonia del capitalismo. Questa egemonia investe, con una pressione imponente, ogni settore della vita economica, sociale, politica e culturale in forma palese ed occulta, in modo diretto ed indiretto.

b) Una delle forme originali di questa egemonia è rappresentata dal cosiddetto "neocapitalismo" il quale è la manifestazione, economicamente, politicamente e ideologicamente più moderna dello sviluppo capitalistica.

c) Collaterale al neocapitalismo e, spesse volte, sostanza integrale di questo è il "capitalismo di Stato" che rappresenta la tendenza generale di sviluppo del capitalismo. Tale sviluppo è favorito, tra l'altro, dalla posizione politica ed ideologica del PSI e del PCI la quale presenta come una società socialista una società a struttura economica capitalistico-statale.

Per tale posizione, che ha ingenerato il più grosso equivoco ideologico della storia del movimento operaio, tali partiti acquistano il ruolo di agenti promotori e diffusori del capitalismo di Stato in seno alle masse lavoratrici. La loro differenziazione non è ideologica ma puramente tattica e determinata da vicende puramente politiche che li pongono ora in contrasto ora i n accordo con determinate tendenze del capitalismo statale italiano e sovietico.

d) La funzione ed il ruolo che hanno PSI e PCI - per non parlare ovviamente degli altri partiti che dalla DC al PSDI si pongono apertamente al servizio del capitalismo - in seno alle masse lavoratrici non puo essere classificato che come riformistico ed opportunistico. A prescindere dalla loro base organizzativa di classe e dalle istanze classiste che occasionalmente determinano qualche loro posizione, PSI e PCI assolvono, in seno al movimento operaio, il ruolo di sostenitori del capitalismo statale. Percio si pongono al di fuori del proletariato, come agenti del suo nemico di classe.

e) La natura politica del PS1 e del PCI pone fuori discussione il proposito di trasformare, a fini rivoluzionari, questi partiti dall'interno. Pone fuori discussione, nello stesso tempo, ogni eventuale proposito di costituire frazioni rivoluzionarie all'interno di essi. Ogni tentativo di agire nella prima e nella seconda direzione si risolve praticamente nel rafforzamento di tali partiti e, di conseguenza, nel rafforzamento dell'egemonia capitalistica sul movimento operaio.

Cio non esclude, tuttavia, che nel processo di formazione del partito rivoluzionario possano sorgere all'interno dei partiti a base operaia gruppi ed istanze vicine alle nostre posizioni. Per favorire il corso delle loro esperienze politiche ed ideologiche ed ai fini di un loro graduale attestamento sulle posizioni organizzativi della minoranza rivoluzionaria, la Sinistra Comunista opererà verso questi gruppi e istanze un fraterno ma chiarissimo ed intransigente dialogo ideologico e politico, scevro da ogni forma di compromesso e di mediazione. È da escludere assolutamente ogni forma di unificazione o fusione con eventuali gruppi dissidenti, provenienti dai partiti di massa, che non abbiano rotto organizzativamente con i loro partiti.

f) Il carattere di "macchine politiche" estremamente burocratizzate assunto storicamente dal PSI e dal PCI esclude, nel modo più categorico, una tattica di competizione con tali partiti. La burocratizzazione di questi partiti non è un fenomeno degenerativo del movimento operaio ma è una necessità del capitalismo rivolto a stabilire, tramite i suoi agenti politici, la propria egemonia sul movimento operaio. t, assurdo pensare di competere con questa forma particolare dell'organizzazione dell'egemonia capitalistica.

g) La lotta della Sinistra Comunista non puo essere che una lotta frontale contro tutte le istituzioni dell'egemonia capitalistica. Non puo essere, neppure per considerazioni volgarmente "tatticistiche", una lotta graduale per settori. Senza una conquista teorica di quadri rivoluzionari al processo di formazione del partito, ogni lotta graduale finirebbe col favorire l'uno o l'altro settore in cui si articola l'egemonia capitalistica. Ogni azione condotta contro la direzione togliattiana del PCI che non avesse come esclusivo compito quello di contribuire a formare quadri rivoluzionari per la nostra organizzazione, non sposterebbe di un millimetro le posizioni di forza dell'egemonia capitalistica, in quanto ogni indebolimento della direzione togliattiana non significherebbe altro che un rafforzamento, che nel caso specifico potrebbe essere la socialdemocrazia di Saragat o di Nenni, di un'altra agenzia politica del capitalismo.

In queste condizioni l'azione politica della Sinistra Comunista non puo avere che un obiettivo immediato: quello di rafforzare la propria organizzazione. Ogni altro obiettivo, attualmente, non ha alcuna possibilità di realizzazione ai fini rivoluzionari. Irrealizzabile è ogni vasta azione di rottura all'interno del PCI, irrealizzabile è ogni proposito di promuovere e tanto meno dirigere un vasto movimento di lotta di classe, irrealizzabile è ogni tentativo di formare una organizzazione politica a carattere di massa, irrealizzabile è ogni velleità di rappresentare un peso politico nell'attuale situazione. La Sinistra Comunista rappresenta una istanza rivoluzionaria immanente, dati i contrasti di classe, nel movimento operaio; una istanza che per immaturità e per le sfavorevoli condizioni controrivoluzionarie non è ancora in grado di organizzarsi autonomamente e rimane imbrigliata nelle istituzioni che gravitano nell'orbita dell'egemonia capitalistica. La Sinistra Comunista ha pero il dovere storico di organizzarsi come avanguardia di questa istanza rivoluzionaria.

h) Malgrado l'egemonia capitalistica, la situazione sociale italiana contiene possibilità e manifestazioni di lotta di classe, possibilità e manifestazioni che esisteranno sempre in una società divisa in classi. Esistono nella struttura italiana fenomeni nuovi che riguardano il proletariato industriale e che vanno attentamente studiati, ma esistono pure in queste zone di capitalismo avanzato condizioni sociali della lotta di classe. In queste condizioni, e in altre che si producono in zone più arretrate, i nuclei della Sinistra Comunista debbono inserirsi per promuovere, secondo le loro forze, e per contribuire allo sviluppo della lotta di classe. La forma d'intervento è un atto puramente organizzativo: puo avvenire in sede di gruppi specificatamente politici o in sede di corrente sindacale organizzata all'interno della CGIL.

Nell'una o nell'altra soluzione l'obiettivo dell'intervento non puo essere che uno: utilizzazione strumentale delle manifestazioni della lotta di classe ai fini della divulgazione della coscienza teorica nelle masse operaie e della selezione organizzativa per la formazione, nel vivo della lotta, dei militanti e dei quadri rivoluzionari.

Questa forma d'intervento tattico, che non puo pretendere nelle attuali condizioni obiettive di capovolgere il corso della lotta di classe nemmeno in senso parziale, costituisce il motore propulsore della formazione del partito rivoluzionario, poiché i quadri che lo compongono non possono formarsi che nella lotta ed attraverso la lotta e non possono selezionarsi e collaudarsi che in essa.

Pertanto, è da scartare decisamente ogni tendenza opportunistica che, col pretesto della non realizzazione di risultati immediati o con la scusa di voler preservare i militanti per le più impegnative battaglie del domani, volesse mantenere l'organizzazione rivoluzionaria al di sopra e al di fuori di ogni manifestazione di lotta di classe.

Precisati i problemi d'ordine generale e dopo che attorno ad essi si sia raggiunta una necessaria chiarificazione, pensiamo che più facile diventi la soluzione dei problemi tattici.

In definitiva l'impostazione dell'azione politica della Sinistra Comunista è il risultato pratico della concezione risultante dall'analisi, dalla valutazione e dalla definizione dei problemi strategici generali. La definizione più articolata della tattica potrà incontrare divergenze di dettaglio ma non di assieme. Per questo motivo pensiamo che, mentre l'elaborazione più completa della tattica potrà essere espressa solo dalla discussione collettiva, i capisaldi della tattica possono essere già fissati.

Tattica verso il PCI. La lotta contro la direzione del PCI, lotta che ovviamente esclude ogni forma di appoggio, deve essere condotta con la più estrema coerenza ideologica sintetizzata nella parola d'ordine "i rivoluzionari con i rivoluzionari e i riformisti con i riformisti".

Escludendo ogni tentazione di facile successo propagandistico, la lotta deve avere, oltre che un chiaro carattere di differenziazione ideologica, un preciso obiettivo di natura teorica e politica: conquistare alle nostre idee e alla nostra organizzazione quei militanti rivoluzionari che ancora permangono nel PCI. Ogni altro obiettivo o fenomeno prodottosi indipendentemente dalla nostra azione è estraneo alla Sinistra Comunista. Per questa è indifferente che 200 mila persone abbandonino in un anno il PCI per andare a raggiungere le folte schiere degli sfiduciato.

Giudizio sull'unificazione socialista. Più che un giudizio specifico su di una operazione politica, attualmente ancora in alto mare, si deve dare un giudizio su tutto un fenomeno che riguarda il movimento operaio e che abbiamo, altre volte, definito "socialdemocratizzazione". Questo fenomeno è per noi una fase d'integrazione del movimento operaio nell'apparato politico della egemonia capitalistica. Come tale va decisamente condannato, pur mettendo in rilievo il contributo che obiettivamente porta alla chiarificazione dell'equivoco pseudorivoluzionario rappresentato dalla demagogia del PCI. In questo fenomeno affiorano talvolta aspetti, destinati ad essere annullati dalle tendenze di fondo che li condizionano, che possono influire positivamente nel processo di formazione ideologica rivoluzionaria.

Questione elettorale. Data l'analisi delle condizioni materiali esistenti e data l'inadeguatezza organizzativa del nostro movimento, è da escludersi un nostro intervento diretto nelle prossime elezioni politiche. Scartata la possibilità di presentazione di liste che possano ottenere un minimo successo politico, scartata la tattica di appoggio ad altre liste, scartata la tattica di appoggio a determinati elementi di altre liste, scartata la eventualità di presentazione di nostre liste in singole circoscrizioni non rimane alla Sinistra Comunista che la tattica di astensione elettorale. Più che un obiettivo immediato, la tattica di astensione elettorale dovrà porsi l'obiettivo di intervenire propagandisticamente nella campagna elettorale, per diffondere nostre parole d'ordine e nostre posizioni ideologiche e politiche. La nostra propaganda dovrà tendere non tanto a provocare astensioni quanto a far conoscere la nostra organizzazione, la sua fisionomia teorica e politica e a provocare attorno ad essa il massimo delle attenzioni e delle discussioni.

Questione sindacale. Fermo restando il principio che la nostra azione deve tendere a fare una "attività rivoluzionaria nei sindacati" e non del "sindacalismo", la Sinistra Comunista deve organizzare una propria corrente sindacale nella CGIL, promuovendo tutte le iniziative e tutti gli strumenti atti a favorire questa organizzazione censimento e convegno sindacale, nomina di responsabili del lavoro sindacale, bollettino sindacale, ecc.). Data la natura dell'unica corrente sindacale a carattere rivoluzionario esistente nella CGIL, i Comitati di Difesa Sindacale, la Sinistra Comunista dovrà condurre trattative con i compagni anarchici che la compongono, al fine di costituire, con una eventuale alleanza, una corrente sindacale unica di minoranza rivoluzionaria in seno alla CGIL.

Per una opposizione di classe. La Sinistra Comunista dovrà compendiare in un documento programmatico di propaganda i principi di strategia e di tattica quali emergeranno da una approfondita discussione. Particolarmente negli atti della nostra propaganda i principi che informano la nostra stessa esistenza politica debbono essere posti in risalto e non si deve lasciare margine ad aspetti generici e spontanei.

Dalla precedente analisi della situazione internazionale ed italiana e dalla definizione dei problemi strategici e tattici che si pongono sorgono chiare e limpide le prospettive per la formazione del partito rivoluzionario.

Nelle durissime condizioni in cui ci troviamo, condizioni che non offrono in alcun modo le possibilità dell'inizio di una crisi capitalistica generale, uno è il compito storico che ci viene assegnato: quello di lavorare per formare il partito rivoluzionario.

Ogni altro compito diventa secondario rispetto a questo. In questa direzione dobbiamo, percio, concentrare tutte le nostre energie. Dobbiamo iniziare un duro, lungo, estenuante lavoro di costruzione del partito, senza impazienze, senza facili entusiasmi, senza velleità di facili successi, pensando, anzi, che ogni eventuale insuccesso non cancellerà mai il successo rappresentato dal fatto stesso che gruppi di rivoluzionari coscienti lavorano per il partito di classe, lavorano per il futuro. Solo se sapremo lavorare tenacemente a creare una, seppur ridotta, rete organizzativa e a formare gruppi, seppur ridotti, di quadri rivoluzionari, avremo posto le premesse necessarie per la iniziativa rivoluzionaria qualora le condizioni materiali divengano favorevoli. La Sinistra Comunista non avrebbe scopo di esistere se non si ponesse come scopo di vita questa missione storica.

In concreto si tratta di organizzare su scala nazionale tutta una serie di gruppi che dalla base locale si coordinino provincialmente e regionalmente sino, a formare comitati provinciali e regionali collegati strettamente con il Centro. Per ogni gruppo e per ogni comitato dovranno essere formati dei responsabili per le singole branche di lavoro. Per ogni gruppo e per ogni comitato dovranno essere formate delle segreterie responsabili verso il Centro e verso tutta l'organizzazione.

Strumenti per la creazione di un tale tipo di organizzazione sono le pubblicazioni della Sinistra Comunista, gli organismi dirigenti nazionali ed una rete permanente di militanti rivoluzionari dedicati a svolgere un continuo lavoro di coordinamento nelle singole regioni. L'impianto di una tale rete organizzativa, basata su dei quadri rivoluzionari responsabili e selezionati, non solo è indispensabile per lo sviluppo quantitativo e qualitativo ma è pure una ferma garanzia di formazione di nuovi quadri, di continuità organica e di saldo proseguimento della linea teorica e politica rivoluzionaria, senza deviazioni od infiltrazioni, sempre possibili, di elementi e di teorie avversarie. Un tale tipo di organizzazione, che si ispira, senza imitarlo pedissequamente, al grande modello storico del partito di Lenin, è l'unica garanzia per il futuro che il presente lavoro della Sinistra Comunista e dei suoi attuali esponenti possa non andare disperso e comunque deformato. Certamente un tale tipo di organizzazione non risolve tutti i problemi interni del partito rivoluzionario; problemi che l'esperienza storica ha recentemente posti sul tappeto e attorno ai quali si è aperta una importante discussione in certi settori del movimento operaio. Ci riferiamo a problemi quali il centralismo democratico, le correnti interne, il rapporto partito-classe, il rapporto partito-organizzazioni di massa, cioè a problemi già sollevati nell'interessantissima polemica intercorsa tra Lenin e la Luxemburg a proposito della concezione del partito.

Questi problemi andranno studiati attentamente e seriamente risolti, ma saranno studiati e risolti non in "astratto", sul terreno teorico, ma in "concreto", con la pratica della esperienza organizzativa, dopo che avremo creato una organizzazione, dopo che ci saremo impegnati a fondo sul terreno dell'organizzazione. Attualmente, nella fase controrivoluzionaria in cui operiamo, pensiamo che l'iniziale lavoro organizzativo debba necessariamente dare all'organizzazione quei caratteri sopra sintetizzati. Costruiamo intanto le basi per il partito rivoluzionario; la struttura e la forma sarà esso stesso a definirsele nel corso della lotta, della esperienza, della realtà che dovrà affrontare.

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Ultima modifica 4.4.2001